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La scomparsa di Benito
Santi Ciao, Benito Il ricordo di Andrea Sozzi |
Mi sembra ancora di vedervi parlare dei tempi andati, degli aneddoti impossibili accaduti sopra e attorno ai tatami del Kodokan. Vi ascoltavo, e immaginavo un mondo fatto di relazioni forti, dure anche, ma sincere.
E quanto, quanto hai lavorato, Benito? studiavi a Milano, e già facevi i massaggi. Non girava una lira, nel dopoguerra: da ragazzo ti fermò il controllore sul treno -me l'hai raccontato tu- senza i soldi per il biglietto: un signore generoso pagò per te. Poi il successo, le palestre, le avventure nel Giro d’Italia, i clienti importanti, sempre al lavoro accanto a un lettino, con le creme, le ventose e quegli impacchi urticanti che tutti noi al Kodokan ricordiamo bene. Oppure, con tavolozza e pennello in mano, a dipingere quadri, la tua seconda passione.
Son tanti
Ultimamente, ti portavo i miei atleti, quando avevano bisogno di un buon massaggio sportivo: impossibile senza Benito, dicevo. Ed eri sempre tu, con lo spirito intatto e la voglia di lavorare di sempre.
Qualche giorno fa, al telefono, avevi la febbre e la voce rauca. Non volevi andare in ospedale: non volevi lasciare il tuo cane. Ci siamo sentiti ogni giorno, fino a quando mi hai giurato che la febbre era sparita e che stavi bene. Continuo a pensare alla nostra ultima conversazione: "Grazie, Andrea, appena possibile ti faccio un massaggio" - mi hai detto.
Ci ho voluto credere.
Fai buon viaggio, Benito. E grazie di tutto.
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